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La grande mostra, dal suggestivo titolo "Il futuro dei Longobardi",
tenutasi qualche tempo fa nel Monastero di S. Giulia di Brescia, sollecita
a cercare anche nel più vasto territorio bresciano, fuori dalle
consuete strade che portano a Leno o a Sirmione, le tracce che la presenza
longobarda ha lasciato, disegnando i centri abitati e suggerendo tipologie
edilizie che durano fino a tutto il Quattrocento.
Passando così dai severi chiostri in cui trascorsero gli ultimi
anni della loro vita Ermengarda e la grande regina Ansa, alle campagne
della Bassa occidentale bresciana, non è difficile imbattersi in
agglomerati urbani che ancora oggi raccontano un'antica e nobile storia.
Il fortunato isolamento, la collocazione ai margini delle grandi vie di
comunicazione ed un forte senso della tradizione, ancor vivo nelle poche
famiglie che popolano gli immensi cascinali, preferendo il pane quotidiano
alle redditizie lottizzazioni, hanno miracolosamente salvato le strade
ed i muri.
Gli edifici sono spuntati durante i secoli come piante ed erbe ed hanno
seguito il farsi ed il disfarsi della terra, sotto l'azione di inondazioni,
guerre, terremoti, e sono ancora lì, come li ha fotografati il
Catasto di Napoleone sull'alba dell'Ottocento.
Tra questi rari borghi, si segnala il centro storico di Boldeniga, ora
frazione di Dello, un tempo legato al vicino paese di Quinzanello. Quello
di Boldeniga è un caso emblematico.
I Longobardi, quando arrivarono a Boldeniga intorno al 650-700, si ritagliarono
un accampamento.
Era un lembo di terra sabbiosa, già rilevato naturalmente, e, dopo
aver delineato quasi un cerchio perfetto, lo resero ancora più
difeso, scavando un canale intorno al perimetro ed alzando una palizzata
Sul cucuzzolo di questa piccola isola piantarono le loro tende, poiché,
fedeli alla loro tradizione di nomadi, non amavano costruire con materiali
duraturi.
La loro opera, retaggio dell'urbanistica dei popoli del Nord, venne poi
ripresa intorno al Mille e più tardi, nel Quattrocento. Il Castello
con la sua massiccia torre quadrangolare ha conservato il ricordo di quegli
antichi antenati.
Forse non è così casuale, fatte le dovute proporzioni, la
corrispondenza tipologica del recinto fortificato di Boldeniga con il
complesso della torre e della loggia di Torba.
Anche qui, con materiali diversi, poiché non è la pietra,
ma il mattone che costruisce gli spazi e fende il paesaggio, troviamo
l'armoniosa alternanza dei volumi massicci e svettanti con il porticato
ombroso e raccolto.
Poco lontano, a testimoniare la fitta presenza longobarda stanno le corti
rurali di Movico e Torricello, appartenute al Monastero di S. Giulia e
le due antichissime Pievi di S. Maria della Formigola e di S. Maria Assunta
di Bagnolo.
A Boldeniga, ancora oggi, è facile leggere lo svolgersi della storia
attraverso la corte rurale, la chiesa parrocchiale di S. Zenone ed il
Castello, perché le epoche storiche non si sono sovrapposte, ma
giustapposte: ogni periodo storico si è preso un pezzo di terra
e l'ha modellato, senza distruggere ciò che si è trovato
accanto.
La cartografia ci permette così di leggere chiaramente le tre fasi
principali della storia del Borgo.
Prima c'era la grande villa romana, corrispondente al vastissimo cascinale,
un tempo di proprietà dei Conti Lechi, posto subito dietro l'abside
della chiesa parrocchiale.L'impianto quadrangolare, ben squadrato sul
decumano che collegava i due importantissimi cardini per Cremona e per
Crema, è un chiaro indizio delle illustri origini.
Fuori dalla villa, lungo la strada, c'era anche il cimitero dei coloni
e dei membri della famiglia proprietaria.
In quel luogo sorse più tardi la chiesa di S. Zenone a custodia
delle antiche sepolture pagane e delle più recenti tombe cristiane.
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